Hedge fund nel proprio portafoglio (Sesta parte)

Gli hedge fund non sono sicuramente un prodotto nuovo anche se, come
abbiamo già detto, hanno cambiato pelle nel tempo e sono diventati più
popolari anche perché i grossi gruppi hanno cominciato a proporsi sul
mercato. L’improvviso aumento di interesse nei confronti degli hedge fund
può essere anche considerato il risultato di un aumento della volatilità
presente sui mercati negli ultimi anni. Tutte le generazioni hanno dovuto
affrontare una crisi finanziaria, come negli anni ’70 in cui i titoli
“nifty fifty” hanno subito il tracollo e con loro hanno trascinato la
reputazione di moltissimi gestori. La legge sacra di quei tempi era la
moderna teoria di portafoglio. Non mi stupisce che oggi gli hedge fund
cerchino di riempire le stesse nicchie di mercato, dal momento che in
realtà le promesse sono proprio le stesse.

Quando la MPT (moderna teoria di portafoglio) ha fatto irruzione sulla
scena finanziaria, portava con sé le stesse promesse che oggi fanno i
promotori di hedge fund, ovvero immaginano che esista un metodo
scientifico per riuscire a realizzare rendimenti più elevati con un
rischio inferiore. Sappiamo oggi che la MPT non è stata in grado di
mantenere le promesse e purtroppo sono preoccupato del fatto che gli hedge
fund attualmente siano costretti a seguire le orme dei loro sfortunati
predecessori.

Negli ultimi dieci anni c’è stata letteralmente un’esplosione di offerta
pubblica di hedge fund con il risultato che la qualità media di gestione è
precipitata. Le strategie di arbitraggio sugli spread non possono quasi
più essere utilizzate poiché il mercato è diventato molto più efficiente
con l’avvento e l’applicazione massiccia dei computer che monitorano ogni
idea di investimento fino a far scattare un campanello d’allarme sulla
scrivania di alcuni trader non appena si verifica una buona opportunità di
arbitraggio.

Gli entusiasti degli hedge fund sostengono che nel futuro la gente comune
investirà metà dei propri soldi proprio su questi fondi. Dubito che gli
hedge fund perdano la fama di strumenti rischiosi, ma i mercati possono
essere considerati realmente così poco efficienti che la gente decide di
investire metà dei propri soldi in strumenti così rischiosi e l’altra metà
in fondi comuni? È evidente che se gli hedge fund dovessero prendere piede
fino a questo punto, strategie di protezione e arbitraggio smetterebbero
di funzionare poiché si basano tutte comunque sulla possibilità di
identificare delle inefficienze tra il reale valore di qualcosa e la sua
quotazione di mercato.

Mi vengono in mente a questo punto le sagge parole di Warren Buffett, che
ritiene che alla fine della giornata tutti i guadagni, al netto delle
perdite che tutti gli operatori, in quanto gruppo, sono stati in grado di
realizzare, in realtà sono equivalenti alla reale capacità delle aziende
di cui i titoli sono l’espressione, di realizzare profitti, sia che
vangano pagati oppure trattenuti per essere reinvestiti. Tutto questo
accadrebbe anche se smettessimo di fare trading e pagare le commissioni,
ma semplicemente applicando una strategia buy and hold.

A proposito di commissioni, per quanto riguarda gli hedge fund, possono
arrivare a dei livelli piuttosto elevati. Anche se per la maggior parte di
questi fondi le commissioni sono in funzione delle reali performance,
l’entità di cui si parla può lasciare a bocca aperta la maggior parte dei
lettori, sopratutto se confrontate con quelle dei fondi standard. Se siete
tra coloro che si preoccupano dei rapporti dei costi di gestione (MER –
management expense ratio), questi rapporti per gli hedge fund potrebbero
lasciarvi senza fiato. Naturalmente potrebbero anche essere un problema
trascurabile poichè, sebbene elevate, in realtà tendono ad essere espresse
in funzione della performance. È abbastanza tipica un’incidenza delle
commissioni pari al 15% sulla sovra performance. Una struttura
commissionale basata sulle performance spinge i gestori a concentrarsi in
modo particolare sulla performance stessa, inclusa quella a lungo termine,
che rappresenta però una novità per la maggior parte dei fondi disponibili
attualmente.

Una ricerca approfondita sulle normative legate all’affidabilità e alla
reputazione delle persone che gestiscono e promuovono un hedge fund può in
qualche modo permettere di identificare i fondi pericolosi e addirittura
quelli fraudolenti (come si fa a sapere che un fondo offshore non
regolamentato, di cui avete conosciuto l’esistenza attraverso Internet non
sia in realtà una grossa trappola? Suggerisco di evitare i fondi che
vengono pubblicizzati unicamente attraverso Internet o attraverso dei
seminari molto costosi). È meglio affidarsi ai grossi gruppi di gestione
per ridurre il rischio di cadere nelle trappole più pericolose, anche se
una maggiore regolamentazione da sola non è garanzia di un migliore
investimento.

Oltre alle complicazioni legate alle tasse, bisognerebbe considerare
l’efficienza fiscale. Alcuni fondi offshore, cercano di aggirare la
regolamentazione relativa ai FIF, liquidando l’intero portafoglio e
ridistribuendo ai propri sottoscrittori il capitale, su base annua. Anche
i fondi che non hanno questo genere di abitudine mantengono comunque un
elevato tasso di turn over di portafoglio. La cosa buffa è che proprio per
effetto di questa bassa efficienza sul piano fiscale gli hedge fund
potrebbero non essere considerati investimenti particolarmente utili
proprio per le persone che hanno un carico fiscale molto elevato.
Considerando comunque il rischio elevato associato a questi strumenti, non
raccomando a queste persone di abbassare il livello delle proprie entrate!
Chi volesse comunque prendere posizione su questi strumenti, dovrebbe
lavorare attorno a una percentuale del 5% del proprio portafoglio, anche
se naturalmente con un’esposizione così ridotta, anche l’effetto
complessivo risulta proporzionalmente ridotto, sia in caso di guadagno che
di perdita.

Un’ultima osservazione in merito a questo argomento riguarda la liquidità.
Molti hedge fund prevedono la possibilità di ritirare i propri capitali
soltanto due volte l’anno e alcuni addirittura su periodi più lunghi,
oppure si corre il rischio di dover pagare delle penalità molto elevate.
Sconsiglio quindi di usare gli hedge fund con denaro di cui si potrebbe
aver bisogno in breve tempo.

Chi fosse quindi intenzionato a utilizzare gli hedge fund lo faccia solo a
scopo di diversificazione. Proprio per loro natura, dovrebbero essere
considerati come una classe di strumenti finanziari a parte, come i
capitali di ventura e private equity, sebbene queste categorie vengano
solitamente classificate come qualcosa di ancora diverso, anche se tutto
sommato alla fine sono realmente investimenti azionari. Ritengo che
un’esposizione del 5-15% del proprio portafoglio in un fondo di fondi
hedge non costituisca un rischio sproporzionato, considerato che molti tra
i fondi comuni classici più famosi stanno già valutando di assumere una
posizione del 5% su questo genere di strumenti. Negli Stati Uniti non è
difficile che l’esposizione su questo genere di strumenti salga al 20%.
Non bisogna dimenticare però che per loro natura, questi strumenti ad alto
potenziale di guadagno possono incappare in qualche occasionale fallimento
spettacolare e che quindi non vale la pena, come si dice “riempire il
carro” con strumenti complessivamente così rischiosi.

Con l’aumentare del numero di operatori che decidono di aprire posizioni
in questo genere di strumenti il capitale iniziale minimo richiesto per
l’ingresso dovrebbe abbassarsi. Alcuni hedge fund in Australia hanno già
ridotto l’investimento minimo iniziale a 5.000 dollari e sembra che
Colonial First State stia valutando l’ipotesi di abbassare la quota minima
fino a 1.000 dollari. Molti dei fondi più importanti stanno offrendo come
opzione di portafoglio l’esposizione di una certa percentuale in hedge
fund. Non c’è da stupirsi quindi che anche il gestore presso il quale già
siete clienti vi offra a breve la possibilità di investire in hedge fund.