L’SPI future

L’SPI Future, ovvero il contratto Share Price Index, è stato introdotto nel 1983, mentre l’opzione sull’SPI è stata introdotta nel 1985. Questo contratto future, trattato al Sydney Futures Exchange (SFE) riproduce l’andamento dell’indice All Ordinaries Index del mercato azionario di Sydney. Poiché le quotazioni dell’SPI vengono trattate in modo completamente indipendente dalle azioni che compongono l’indice, le quotazioni dei due strumenti solitamente non coincidono.

I trader che lavorano sul future sull’SPI possono assumere un atteggiamento rialzista o ribassista e, come risultato di questa variazione di sentiment, la quotazione del future può essere superiore o inferiore al valore dell’indice in ogni istante.

La presenza però di diversi operatori che applicano strategie di arbitraggio, in realtà limita significativamente la differenza tra questi due strumenti, soprattutto quanto più ci si avvicina alla data di scadenza, momento in cui solitamente i due strumenti assumono la stessa quotazione,
poiché la verità viene comunque a galla (a scadenza non c’è più spazio per le congetture).

Chi volesse ottenere delle performance simili a quelle dell’indice azionario, preferendo però risparmiare enormi costi di transazione associati ad un portafoglio azionario piuttosto consistente, che deve essere aggiustato quando viene ribilanciato l’indice, può prendere posizione su un SPI che equivale ad avere un portafoglio composto delle stesse azioni che compongono l’indice, per un valore di 25 dollari per punto di indice. Se l’SPI è quotato a 3.000 punti, questo equivale ad avere un portafoglio azionario di un valore pari a 75.000 dollari. Si riesce così a risparmiare una cifra consistente relativa in costi di transazione, poiché è sufficiente liquidare una sola posizione per chiudere l’intero portafoglio. Poiché i contratti future prevedono un utilizzo pesante dell’effetto leva, si può prendere posizione su questi mercati investendo poche migliaia di dollari. Naturalmente non si ricevono dividendi ed è pre

visto un maggiore esborso in tasse per il capital gain.

Poiché la posizione iniziale equivale a un valore di molte volte superiore, i bruschi movimenti al rialzo o al ribasso dell’indice, si trasformano in ampi guadagni o pesanti perdite, in rapporto al capitale inizialmente investito. Anche una giornata media con oscillazioni assolutamente normali può tradursi in un aumento o perdita di valore del proprio investimento di qualche centinaio di dollari. I rischi quindi sono piuttosto elevati anche se non sono sicuramente più elevati, in termini assoluti, rispetto al fatto di avere realmente un portafoglio investito del valore di 75.000 dollari. Se si parte però dal presupposto di avere investito soltanto 3.000 dollari nell’operazione, il guadagno o la perdita di qualche centinaio di dollari costituisce in percentuale un guadagno o una perdita importanti. Per chi avesse invece 70.000 dollari di capitale a disposizione, investirne qualche migliaio sull’SPI, lasciando il resto dove si trova (a reddito fisso), non è molto più rischioso che avere un intero portafoglio di 70.000 dollari completamente investito.

Si può cercare di gestire il rischio utilizzando diverse strategie, prima tra le quali è sicuramente l’utilizzo dello stop loss e subito quella di comprare un’opzione put (o meglio ancora entrambe le cose). Ci sono molte altre strategie disponibili per limitare il rischio complessivo di una posizione finanziaria e chiunque decidesse di affrontare l’operatività sui future dovrebbe familiarizzare con ciascuna di queste possibili strategie.