L’arte degli stop protettivi


Dave Landry
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Nel corso delle due ultime settimane abbiamo discusso dell’importanza
dell’operare sui trend. Diamo ora una rapida occhiata al trend del mercato
azionario statunitense. Esso si trova in un downtrend di lungo termine
dall’ottobre del 2007. Negli ultimi tempi ha preso un ulteriore scivolone.

Poi, venerdì 19 settembre 2008, nel tentativo di porre freno al bear
market, il governo USA ha annunciato un piano di aiuti di quasi mille
miliardi di dollari, unitamente al rendere illegale lo short su quasi 800
titoli finanziari. Il mercato fece uno strappo violentissimo verso l’alto,
e tuttavia, notate bene, già l’indomani tutti questi guadagni furono
cancellati e il trend ribassista di lungo termine riprese.

Immagine 1

È questo un magnifico esempio di come i trend possano spesso continuare
nel loro cammino incuranti degli imponenti sforzi per fermarli.

Ovviamente non vi è alcuna garanzia che un trend continui (ironicamente,
mentre scrivo l’indice azionario è in rally!) ed è per questa ragione che
si rendono necessari gli stop protettivi. Ogni trade potrebbe trasformarsi
in un trade perdente. Questa settimana considereremo dove piazzare degli
stop protettivi, mentre nelle prossime analizzeremo in dettaglio gli altri
aspetti del pullback ed esamineremo alcuni dei miei pattern favoriti per
fare trading sulle tre fasi del trend.

La scorsa settimana abbiamo analizzato gli elementi del pullback. Per
riassumere, un pullback si compone di un forte trend (a) cui fa seguito
una correzione (b). Un segnale d’entrata è generato allorché il trend
inizia a riprendersi (c) ed occorre inserire uno stop protettivo (d) nel
caso in cui il trend non dovesse ristabilirsi. Se il trend continua
bisogna prendere profitto su parte della posizione (e) ed alzare lo stop
sulla parte rimanente (f).

Immagine 2

L’arte degli stop protettivi

In un mondo ideale, si dovrebbe piazzare uno stop ravvicinato al di sotto
del minimo del pullback (come riportato sopra). Sfortunatamente assai di
rado il mercato si comporta esattamente come noi vorremmo. Se è pur vero
che sovente i mercati continuano nella direzione prevista, è altresì vero
che spesso lo fanno non senza prima essere andati avanti e indietro. Di
conseguenza, uno stop ravvicinato assai probabilmente potrebbe venire
colpito anche soltanto da questo noise, o “rumore”. Nella figura
sottostante potete vedere l’andamento “ideale” e quello cui alquanto
verosimilmente andrete incontro nella realtà.

Immagine 3

Come accenato la scorsa settimana, per gli stop ci vuole un po’ di scienza
e un po’ di arte. Non esiste un’area precisa in cui collocarli. Come
illustrato sopra, stop ristretti aiutano a mitigare grosse perdite, ma si
potrebbe anche dire che rendono pressoché certo che perderete
(potenzialmente su ogni trade) dal momento che quasi sempre possono essere
fatti “saltare” da semplici fluttuazione del mercato. Il che alla fin fine
è molto frustrante, perché vedrete quel mercato in cui voi eravate partire
deciso senza di voi.

Gli stop più ampi vi assicurano di rimanere nel mercato abbastanza a lungo
da cogliere un’eventuale ripresa del trend. Per converso, se poi il trend
non riprende le perdite saranno maggiori. Vedete sotto un’illustrazione a
riguardo.

Immagine 4

Lo stop ideale dovrebbe essere abbastanza distante da “sopravvivere” al
normale noise di mercato ma non così distante da comportare rischi troppo
grandi. Probabilmente ora vi starete domandando che cosa io intenda per
“noise normale”. Sfortunatamente nessuno può dirvi quanto avanti si
spingerà il mercato prima di riprendersi e nemmeno se mai lo farà.
Pertanto sul “normale noise” permane un’aura di incertezza.

Immagine 5

Le misurazioni statistiche quali l’average true range, la volatilità
storica e così via possono certamente essere di aiuto nelle determinazione
di quanto a lungo perdureranno le fluttuazioni del trend. Certo è che esse
si basano sul presupposto che tutte le variabili rimarranno costanti. E,
come ben sapete, sui mercati è ben difficile che le cose rimangano
costanti. Inoltre le misurazioni statistiche possono spesso dimostrarsi
eccessivamente ampie rispetto all’idea che normalmente si ha di uno stop
protettivo.

L’aspetto positivo è che il calcolo dello stop non dev’essere complicato.
Semplicemente guardate il grafico e considerate quanto un titolo (o un
mercato) si muove su base giornalirea. Se si muove dai 5 ai 10 punti al
giorno potete usare uno stop di 1 o 2 punti. Altrimenti sarete pressoché
certi che verrete estromessi dal solo “noise” del mercato. La mia opinione
è che il miglior modo per piazzare gli stop sia quello di affidarsi al
buon senso.

Il vostro stesso trading può essere un buon metodo per valutare dove
posizionare gli stop. Se siete regolarmente stoppati fuori prima degli
importanti movimenti del mercato, allora è probabile che i vostri stop
siano eccessivamente stretti. Se invece cogliete buoni movimenti ma poi
restituite tutti i profitti in pochi trade sbagliati, allora è probabile
che i vostri stop siano eccessivamente ampi.

Ultimo punto, se uno stop richiede uno stop piuttosto ampio, abbiate cura
di compensare il rischio tradando meno titoli/contratti. In questo modo la
perdita, pur grossa in termini di punti, a livello di perdita percentuale
sul portafoglio rimarrà minimale. Solitamente sarebbe bene non perdere più
dell’1 o 2% del portafoglio al raggiungimento dello stop. Pertanto,
indipendentemente dal posizionamento dello stop, le perdite, dovessero
capitare, sarebbero comunque accettabili.

Nei prossimi articoli vi mostrerò alcuni casi reali di posizionamento e
aggiustamento degli stop. Vi mostrerò anche alcuni esempi in cui era
possibile piazzare uno stop notevolmente ravvicinato. Per ora, in
generale, limitiamoci a considerare che lo stop andrebbe posizionato al di
là della normale volatilità. Ed il miglior metro per valutare la
volatilità è quello di guardare semplicemente sul grafico quali sono state
di recente le fluttuazioni del titolo.