Corso di Money Management (8 lezioni) – Quarta lezione

In questa lezione (la quarta di otto), inizieremo ad affrontare il cruciale
tema dello stop loss iniziale. In termini estremamente sintetici, è
possibile definire lo stop loss come il livello in corrispondenza del
quale si abbandona la posizione poiché le premesse iniziali relative
all’ipotesi di movimento dei prezzi vengono a cadere. È essenziale che
tale livello sia definito prima di intraprendere l’operazione
speculativa poiché la definizione dello stop loss fa parte del processo di
pianificazione del trade e non della sua gestione che invece
riguarda, semmai, la sua attivazione.

Ma perché si usa lo stop loss? Per ridurre le perdite, ovviamente. Ma la
sua funzione, in un’ottica di approccio sistematico al trading, è in
realtà più complessa.

Chiunque decida di adottare un approccio sistematico al trading (system
trading, che non equivale a trading system) decide di agire sulla
base di segnali che si manifestano in funzione di regole predeterminate
che costituiscono la formalizzazione più o meno complessa di una strategia
di trading.

Tanto per fare un esempio, potremmo definire una strategia come segue:

Compra domani in apertura se la chiusura di oggi è superiore
alla media delle chiusure degli ultimi 10 giorni e vendi in chiusura 3
giorni dopo l’acquisto.

Al di là dell’estrema semplicità della formula, presentata esclusivamente
a scopo esemplificativo, è evidente che si tratta di un sistema che entra
in azione sulla base di una regola che osserva il mercato traendone un
input e dà eventualmente un segnale (output) se e solo se si verifica una
determinata condizione (chiusura di oggi superiore alla media delle
chiusure degli ultimi 10 giorni
).

Ma quanto vale questa regola?

Per cercare di dare una risposta a questo (apparentemente) semplice
interrogativo è necessario studiare quali esiti ha dato la sua
applicazione nel passato, con l’obiettivo di stabilire se esiste una
relazione fra segnale e risultato. Supponendo che lo studio del passato
abbia fornito un risultato positivo, inteso come rapporto fra operazioni
vincenti e perdenti favorevole, possiamo convalidare la strategia,
basandoci sull’aspettativa che le regole che hanno reso profittevole il
test storico mantengano la loro validità anche per il flusso futuro dei
prezzi.

Ora, nel migliore dei casi, il nostro sistema sarà in grado di far
registrare un numero di operazioni positive maggiore rispetto a quelle
negative, mantenendo possibilmente un rapporto positivo anche rispetto
all’entità dei guadagni comparata con l’entità delle perdite. In parole
povere, ci si augura che il numero delle operazioni in guadagno sia
superiore al numero di quelle in perdita e che l’entità media dei guadagni
sia anch’essa superiore all’entità media delle perdite.
Ciò significa
che il nostro guadagno complessivo sarà il risultato della sommatoria dei
guadagni detratte le perdite. In pratica sarà un saldo fra ricavi e costi.

Tuttavia, poiché il trading è sempre un gioco di probabilità, è necessario
limitare l’escursione delle eventuali perdite che dovessero verificarsi
nell’ambito della durata della posizione, stabilita anch’essa dalle regole
di trading. Infatti, se da un lato il sistema garantisce comunque una
chiusura della posizione “temporizzata” a tre giorni, nessuno è in grado
di garantirci che non si verifichi un evento raro (ma non impossibile) che
porti, ad esempio, le quotazioni a scendere in maniera tale da influenzare
pesantemente le performance del sistema. Anche escludendo casi esemplari
tipo Parmalat, Enron, WorldCom o quelli di altri titoli del Nuovo Mercato
ormai sospesi da tempo, non è affatto improbabile che un titolo scenda
molto al di sotto di quanto storicamente non abbia mai fatto, dando così
vita a quell’evento “imprevedibile” che proprio perché non era mai
accaduto prima, non era mai entrato a far parte delle regole del sistema.
Del resto, se l’evento fosse stato prevedibile, sarebbe stato previsto e
il fatto che non lo sia stato… dimostra in maniera lapalissiana la
sua imprevedibilità. L’imprevisto esiste proprio perché non lo si
prevede.

Da un punto di vista finanziario, un evento simile può essere causato dal
panico che spinge a liquidazioni massicce che innescano a loro volta un
effetto domino che provoca veri e propri crolli che travolgono interi
mercati. Nella corsa alla svendita, tutti gli operatori cercano di
sbarazzarsi dei titoli in loro possesso poiché prevedono che i loro
prezzi scenderanno ulteriormente.

Ma un evento “imprevedibile” può essere previsto? Ovviamente no. Ma
è possibile proteggersi dai suoi effetti, quale che sia la sua
natura.

La soluzione all’evento imprevedibile è rappresentata da uno scudo di tipo
monetario che viene utilizzato per far fronte a un’eventualità non
considerata dalla strategia di trading. La strategia di esempio proposta,
infatti, non prevede alcun tipo di limite alla potenziale escursione
negativa della posizione poiché contempla una sola modalità di uscita,
determinata appunto dal trascorrere del tempo.

Il fatto che tale strategia, che si suppone testata in maniera esaustiva,
possa aver dato risultati positivi semplicemente fissando l’uscita dopo
tre giorni dall’apertura della posizione, significa che il risultato
globale può dipendere anche dal fatto che in tutte le operazioni aperte
non si sia mai verificato un crollo tale da incidere significativamente
sul risultato complessivo. In altre parole, se si ammette che nel periodo
di permanenza sul mercato i prezzi possano muoversi in direzione opposta a
quella auspicata, il fatto di non aver mai incontrato una variazione
ipotetica superiore – diciamo – al 30% non implica che ciò non
possa accadere in futuro. Per quanto poco probabile, non è certamente
impossibile. Occorre pertanto proteggersi con uno scudo che entri in
azione in corrispondenza di un determinato livello di perdita e liquidi la
posizione.

Si noti bene: questo tipo di stop loss non prende in considerazione
supporti, resistenze, trendline, medie mobili o altro tipo di strumento di
derivazione grafica. Si tratta solo di un livello misurato in valore
assoluto ma compatibile con il capitale a disposizione, esattamente come
illustrato in precedenza con la regola del 2%.

La definizione di uno stop loss di tipo grafico prevede invece che si
dimensionino i limiti dell’operazione in funzione del “contorno” grafico
dell’operazione stessa. Entrano così in gioco livelli critici –
supporti, resistenze, trendline – ed è l’aspetto grafico a dominare
la pianificazione dell’operazione.

In questo caso si tratta di decidere quanto spazio lasciare ai prezzi per
muoversi contro la posizione prima di liquidarla in perdita. È evidente
che questo spazio deve essere abbastanza ampio in modo da assorbire le
fisiologiche fluttuazioni dei prezzi senza far scattare lo stop, ma non
deve esserlo troppo poiché, nel caso in cui lo stop venisse realmente
colpito, il costo dell’errore potrebbe rivelarsi troppo pesante da
sopportare.

La decisione di quanto spazio lasciare all’operazione dipende da svariati
fattori e, in primo luogo dal time frame. È assolutamente
comprensibile che se si opera in un’ottica di medio termine sia necessario
lasciare ai prezzi uno spazio di oscillazione maggiore rispetto ad
un’operatività più serrata.

Una volta identificato il time frame sul quale operare, il successivo
passo da compiere è l’eliminazione del “rumore di mercato”, ovvero quella
componente del movimento dei prezzi che non riflette impulsi rialzisti o
ribassisti veri e propri ma che rappresenta in qualche modo la componente
residuale dell’azione degli operatori attivi su dato mercato o titolo. In
altre parole, rispetto al time frame di riferimento, sarà necessario
identificare la volatilità tipica del titolo e filtrare i movimenti al di
sotto di tale livello. È perfettamente inutile mettere stop stretti per
ridurre le perdite quando lo spazio a disposizione risulta
fisiologicamente insufficiente a contenere le normali oscillazioni. Il
concetto che sta alla base di questo tipo di approccio è la separazione
del segnale dal rumore.

Sebbene lo stop loss di tipo grafico sembri, a prima vista, quello più
sensato poiché viene stabilito in funzione dei livelli del grafico che
hanno magari fatto invertire direzione ai prezzi, ha il difetto di essere
comunque soggettivo.

Al contrario, uno stop loss stabilito in funzione della volatilità del
mercato ha il vantaggio di essere costruito sulla base stessa dell’azione
del mercato, comprendendone anche il rumore di fondo.

Stop loss, classificazione e implementazione

In linea di massima, comunque, è possibile identificare tre categorie (più
una) di stop loss:

  • stop loss grafici;
  • stop loss basati sulla volatilità;
  • stop loss monetari;
  • stop loss temporali.

Stop loss grafici

Lo stop loss di tipo grafico nasce come sistema di protezione della
posizione basato sull’osservazione di particolari zone del grafico che
hanno generato dei pattern che sono stati in grado di far rimbalzare i
prezzi verso l’alto o verso il basso. Utilizzando uno stop di tipo
grafico, si applica l’analisi tecnica per determinare il livello di prezzo
in corrispondenza del quale l’ipotesi rialzista o ribassista viene negata.
Per esempio, se il segnale di apertura della posizione è costituito da un
breakout dei massimi a due mesi, l’idea di fondo della strategia è che il
mercato continui nella stessa direzione, facendo segnare nuovi massimi. I
prezzi non dovrebbero ritracciare più di tanto e se lo facessero il
movimento non si qualificherebbe come un breakout. Diviene pertanto
necessario stabilire che, ad esempio, un ritracciamento che dovesse
svilupparsi oltre il minimo precedente alla barra di breakout potrebbe
rappresentare la negazione del segnale. Il problema di questo tipo di stop
è rappresentato dal fatto che i livelli utilizzati per chiudere la
posizione in perdita sono spesso abbastanza evidenti e, pertanto,
potrebbero divenire oggetto di “caccia” da parte di operatori
professionisti molto capitalizzati. L’attività di “stop running” è infatti
molto remunerativa ed è spesso causa di quei bruschi movimenti intraday
altrimenti inspiegabili. Il concetto di stop running è spiegato in maniera
molto chiara da Joe Ross nei suoi libri della serie TNT. Egli parte dal
concetto che molti trader posizionano i propri ordini di acquisto di
vendita in corrispondenza degli swing di prezzo più recenti, confidando
che il loro sfondamento dia vita a un breakout. Così, ad esempio, siamo
portati a posizionare lo stop loss sotto al minimo di swing più recente
confidando che la violazione di quel livello costituisca un elemento tale
da accelerare la dinamica ribassista, che rappresenta l’evento che
desideriamo evitare e per proteggerci dal quale posizioniamo lo stop loss.
Di norma tale evento si verifica solo se in corrispondenza della
violazione di quel livello entrano in gioco anche gli “outsiders” ovvero
gli speculatori privati la cui azione congiunta conferisce il reale
carburante necessario per il proseguimento del movimento. In alternativa
il breakout si qualificherà come “falso” e il mercato riprenderà a
muoversi in direzione opposta, a tutto vantaggio dei cacciatori di stop.

Si apre una posizione in corrispondenza della barra di reversal che si
manifesta dopo la breve congestione che segue il brusco calo delle
quotazioni. Se il punto di ingresso corrisponde al livello dei due massimi
identici formatisi nella fase di congestione, il punto in cui piazzare lo
stop loss è logicamente costituito dal minimo più significativo
registrato, ovvero il minimo stesso della barra di reversal.

Come si vede, nei dieci giorni seguenti il livello di stop sembra
essere in grado di contenere i movimenti avversi.

Il giorno successivo i prezzi scendono al di sotto del livello di stop
originale facendo chiudere la posizione, come da programma.

Nella seduta che segue i prezzi riprendono la loro corsa verso
l’alto.

In sostanza, il posizionamento dello stop loss a livello grafico, pur
essendo un eccellente sistema di protezione dai movimenti contrari, si
presenta un po’ troppo vulnerabile ad attacchi di operatori molto
capitalizzati in grado di speculare sul posizionamento degli ordini in
stop che risulta un po’ troppo ovvio.

Stop loss basati sulla volatilità

Come accennato in precedenza, questo tipo di stop non prende in
considerazione solo l’aspetto grafico dell’andamento dei prezzi ma tiene
conto della volatilità registrata nel corso delle ultime sedute. In tal
modo, si concede al titolo la possibilità di oscillare in misura
proporzionale alla sua volatilità più recente. Si otterrà così un sistema
in grado di adattarsi automaticamente alle condizioni del mercato che
integrerà anche a componente dell’inevitabile rumore di fondo.

Uno dei sistemi più semplici ed efficaci per misurare la volatilità del
mercato in un determinato arco temporale è l’average true range (ATR),
indicatore ideato e divulgato da Welles Wilder, celebre autore che, con il
suo New concepts in technical trading systems, ha probabilmente
offerto il contributo più prezioso all’analisi tecnica. Oltre all’ATR, il
libro descrive infatti anche l’RSI, il Parabolic SAR e altri strumenti
tecnici di rara intelligenza e inestimabile valore.

ATR, la misura del “vero” range di oscillazione

Alla base dell’ATR vi è il true range che è rappresentato dalla
misurazione del valore maggiore risultante dalla differenza fra le
seguenti tre misurazioni:

  • il minimo e il massimo della seduta corrente;
  • la chiusura della giornata precedente e il massimo della corrente;
  • la chiusura della giornata precedente e il minimo della corrente.

Il passo successivo, che porta alla costruzione dell’indicatore che prende
il nome di average true range, è il calcolo della media di tali valori
(inclusi i gap) sulla base di un parametro scelto dall’utente come dominio
temporale. In tal modo, l’ATR mostra come la volatilità aumenti o
diminuisca nel corso del tempo, relativamente al periodo considerato.

L’istogramma mostra l’evoluzione dell’ATR del titolo.

La logica di uno stop basato sulla volatilità è la seguente: si assume che
la volatilità rappresenti il “rumore di mercato” e la sua misurazione ci
consente di quantificarlo. A questo punto, se abbiamo un’aspettativa
rialzista, il nostro stop loss sarà rappresentato da un multiplo della
volatilità che verrà sottratto dal nostro livello di ingresso (o dal
minimo più significativo posizionato nei pressi del nostro ingresso). In
tal modo si identificherà un livello di prezzo che sarà plausibilmente al
di fuori del normale rumore di mercato e che sarà colpito solo se
effettivamente i prezzi svilupperanno un movimento direzionale
significativo contrario alla nostra posizione.

Supponiamo che un titolo che quota 4 euro abbia avuto un range di
oscillazione medio di 10 centesimi negli ultimi 20 giorni. Tale
misurazione non è certamente in grado di dirci se il titolo salirà o
scenderà, ma ci dice con molta chiarezza qual è l’ambito di oscillazione
medio del titolo in questione. Si tratta di un’informazione estremamente
utile poiché ci consentirà di filtrare quei movimenti che, essendo
compresi nella normale dinamica del titolo, non hanno alcun tipo di
segnale da comunicarci.

In termini pratici, per stabilire un livello di stop loss, sarà necessario
calcolare l’ATR, moltiplicarlo per un coefficiente pari a 2 o a 2,5 per
poi sottrarlo al nostro livello di ingresso o a un recente minimo
significativo. In tal modo, se il titolo si mantiene sui livelli di
volatilità medi, il nostro stop verrà colpito solo se si sviluppa un
movimento direzionale di rilevante entità. Nello specifico, se il nostro
titolo quota 4 euro e l’ATR è di 10 centesimi, sarà possibile fissare il
nostro stop loss a 4 euro meno l’ATR moltiplicato per 2,5, cioè a 3,75
euro (4 – 0,10 x 2,5).

Questo sistema per definire lo stop loss offre almeno due vantaggi. In
primo luogo identifica un livello posizionato oggettivamente al di
fuori del normale ambito di oscillazione del titolo; in secondo luogo ci consente di immettere un ordine condizionato di liquidazione la posizione un attimo dopo essere entrati sul mercato e ciò elimina qualsiasi tipo di valutazione soggettiva (ed emotiva) durante il trade.

Il grafico che segue illustra il posizionamento ideale dello stop loss
iniziale in funzione della volatilità calcolata sui cinque giorni
precedenti.

La linea rossa posizionata al di sotto dei prezzi illustra il livello
di stop ideale rispetto alla barra sotto la quale è posizionato mentre la
linea continua rappresenta il livello di stop calcolato tendendo conto
della volatilità che, come si vede chiaramente, offre molto più spazio di
oscillazione rispetto al precedente stop puramente grafico.

In dettaglio, la formula utilizzata in Metastock è la seguente:

L-(ATR(5)*1.5);

che sottrae al minimo di ciascuna barra la volatilità calcolata su 5
giorni e moltiplicata per un coefficiente di 1,5.

Una nota importante: è evidente che il livello di stop loss
calcolato tendendo conto della volatilità fornisce solo il livello di stop
iniziale e non eventuali livelli di trailing stop che devono invece essere
calcolati successivamente all’ingresso in posizione e che vedremo
descritte diffusamente in una delle prossime lezioni.

Stop loss monetari

Questo tipo di stop loss è probabilmente il più semplice da concepire e da
applicare. Si tratta di stabilire, in valore assoluto, l’entità della
perdita massima che si è disposti a sopportare in una determinata
operazione. In tal modo, per esempio, possiamo arbitrariamente decidere di
chiudere una posizione nel momento in cui si registra una perdita di 100,
200 oppure 500 euro. Il vantaggio di questo tipo di strategia è
rappresentato dal fatto che consente di predeterminare l’entità della
perdita massima in ragione della propria tolleranza al rischio; l’aspetto
critico è invece costituito dal fatto che il livello di prezzo al quale si
decide di liquidare la posizione per limitare la perdita entro il limite
monetario stabilito potrebbe non aver alcun senso dal punto di vista
grafico o della volatilità. In altre parole, lo stop loss monetario
risponde solo all’esigenza di quantificare a priori l’entità della somma
da mettere in gioco in ogni operazione. Un’evoluzione di questo concetto,
che dà vita a un sistema di allocazione e di gestione del rischio più
completo, verrà presentata più avanti.

Stop loss temporali

Pur non appartenendo alle canoniche categorie di posizionamento degli stop loss, una metodologia che prenda in considerazione il trascorrere del tempo senza che si verifichi un evento particolarmente favorevole o particolarmente sfavorevole va valutata. Dato per scontato che il capitale a disposizione del trader è, per definizione, un’entità limitata, è evidente che il trascorrere del tempo senza che i prezzi si dirigano con decisione verso il target di profitto o verso lo stop loss, pur non rappresentando di per sé un elemento particolarmente negativo, costituisce quantomeno un limite alle opportunità che il mercato offre. Mantenere a lungo una posizione solo perché non ha ancora raggiunto il livello di stop loss non sempre rappresenta una scelta corretta: quante opportunità si stanno perdendo “congelando” il proprio capitale in un’operazione che non sta dirigendosi da nessuna parte? A nostro avviso uno stop loss temporale dovrebbe essere sempre posizionato, proporzionalmente all’aspettativa di durata del trade. Sulla nostra strategia prevede di aprire una posizione e la cui durata presunta è di 5-8 giorni, è assolutamente consigliabile
chiuderla (con un piccolo profitto o una piccola perdita) se entro un paio di giorni dal termine (diciamo 10 giorni per coerenza con l’esempio) non si è mossa significativamente nella direzione a noi favorevole.