Asset allocation: che cosa sono e come si realizzano

Come identificare il portafoglio ottimale.

È la ripartizione del patrimonio in diverse tipologie di investimento, lecosiddette asset class.

Esempi di asset class: azionario Nord America Value, azionario zona euro,
obbligazionario zona euro breve termine, obbligazionario paesi emergenti
ecc.

Ogni asset class è identificabile attraverso un benchmark di riferimento,
ovvero un indice numerico che rappresenta l’andamento nel tempo del valore
degli strumenti finanziari ad esso sottesi.

Esempi di benchmark: l’indice italiano S&P/Mib, che rappresenta
l’asset class azionario Italia, l’indice S&P500 che è il benchmark per
l’asset class azionario Nord America Value espresso in dollari statunitensi.

Ogni asset class utilizzabile in un processo di asset allocation deve
essere rappresentata da un benchmark o indice di riferimento.

Nota: la divisa in cui viene espresso un benchmark

In merito alla divisa è opportuno fare un distinguo: quando si utilizza un
benchmark riferito ad un asset class non euro è necessario verificare se
tale benchmark (indice) è espresso in euro o in valuta locale (nel caso
dello S&P 500 per valuta locale si intende ovviamente il dollaro
americano).

Risulta infatti evidente che un fondo avente come benchmark lo S&P 500
avrà rendimenti dovuti alla performance del mercato americano divisi per
il cambio euro/dollaro USA, se il benchmark assunto è in divisa locale.

Dunque un fondo che investa senza coprirsi dal rischio di cambio avrà
performance legate sia all’andamento dell’indice locale, sia all’andamento
del cambio euro/divisa locale e dovrà avere come benchmark l’indice di
riferimento espresso in euro.

Viceversa un fondo che investa coprendosi dal rischio di cambio avrà
performance legate solamente all’andamento dell’indice locale e come
benchmark l’indice di riferimento espresso in divisa locale.

Esempio:

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Asset allocation statica

Per asset allocation statica si intende una ripartizione degli
investimenti prefissata ed il più possibile costante nel tempo. Qualora
tale ripartizione venga modificata da cause fisiologiche (movimenti dei
mercati che determinano variazione delle percentuali di ripartizione) o
cause esterne (prelievi e versamenti) si esegue un riallineamento degli
investimenti, riportando le percentuali ai valori originali.

Lo spirito che muove chi abbraccia questo tipo di asset allocation è il
seguente: i mercati sono efficienti e scontano tutte le variabili macro
e microeconomiche appena esse palesano cambiamenti, quindi i migliori
risultati possono essere raggiunti solo e semplicemente investendo nei
mercati e non provando a migliorare i loro rendimenti entrando ed uscendo
dai singoli mercati e settori (processo che viene definito di “market
timing”).

Per definizione, dunque, chi si affida ad un’asset allocation statica, una
volta definita la composizione del proprio portafoglio tenderà a
modificarla il meno possibile. In generale vi saranno interventi di
ribilanciamento solo quando le fisiologiche variazioni delle asset class o
eventi esterni (prelievi e versamenti) avranno modificato la ripartizione
degli investimenti in modo tale che essa non rispecchi più la volontà
dell’investitore.

Questo stile di investimento, detto anche “a benchmark” o “passivo” ha il
vantaggio di poter essere eseguito con costi piuttosto bassi sia in fase
di definizione dell’asset allocation sia soprattutto durante l’esecuzione
della stessa.

È infatti possibile scegliere tra gli strumenti meno cari a disposizione
dell’investitore (portafogli diversificati di titoli o Etf) o l’utilizzo
di strumenti magari più sofisticati ma senz’altro più costosi –
quali per esempio i fondi comuni di investimento – solo per le asset
class meno facilmente raggiungibili (si pensi all’azionario e
obbligazionario Giappone, Asia o mercati emergenti). È inoltre possibile
effettuare una selezione tra i fondi in modo tale da accedere ai migliori
prodotti quanto a rapporto tra performance realizzate nel tempo e costi
complessivi per l’utente.

Infine risulta evidente che la manutenzione del/dei portafogli è
estremamente poco onerosa in termini di tempo e di denaro.

Il difetto di questo stile sta invece nella sua intrinseca incapacità di
reagire alle variazioni del mercato: evidentemente grossi segni negativi
nei mercati (azionari ma anche obbligazionari e valutari) si rifletteranno
sul portafoglio con asset allocation statica – per la frazione sulla
quale il portafoglio è investito – completamente. Diventa quindi
necessario possedere una certa tolleranza rispetto alle variazioni dei
mercati, a meno di non volere assumere posizioni estremamente poco
rischiose (e di conseguenza altrettanto poco remunerative) in sede di
definizione dell’asset allocation.

La ripartizione degli investimenti nelle diverse asset class costituenti
la gestione a benchmark viene eseguita al termine di un processo di
analisi composto di due fasi:

    • processo di analisi dell’investitore, affinché l’insieme degli

investimenti rispecchi le esigenze e gli obiettivi dell’investitore e la

sua maggiore o minore inclinazione al rischio;

    • processo di analisi dei mercati in cui si investe, con definizione del

rapporto di rischio e rendimento di ogni mercato e soprattutto la verifica

di quale sia il mix ottimale di asset class da introdurre, sfruttando in

tal modo appieno i vantaggi della diversificazione.

Il secondo punto è effettivamente svolto con diverse tecniche, non ultima
quella di ripartire il portafoglio rispecchiando i pesi percentuali dei
singoli mercati relativamente ai mercati nel loro complesso (es. dal
momento che l’Italia ha un peso nelle borse mondiali tra l’1% ed il 2%
investirò circa il 2% del capitale destinato alla parte azionaria sulla
borsa italiana). Tale assunzione può senz’altro essere considerata
discutibile, ma non è l’unica ad esserlo ed inoltre induce ad investire di
più in mercati più ampi e quindi, in generale, più efficienti.

Asset allocation dinamica

Per asset allocation dinamica si intende invece un processo di
manutenzione continuativa del/dei portafogli.

In questo caso lo spirito che muove l’investitore e il gestore è il
seguente: ritengo di poter fare meglio del mercato in termini di rapporto
rendimento/rischio, quindi opero dei cambiamenti al portafoglio di
investimento nel tempo e mi discosto anche di molto dal cosiddetto
benchmark di base (supposto essere un portafoglio efficiente di
investimenti).

Partendo dalla base comune della definizione del profilo dell’investitore
(con le sue esigenze e la sua propensione al rischio) si crea una asset
allocation iniziale, con adeguata distribuzione degli investimenti nelle
principali asset class. Su questo archetipo vengono poi effettuate nel
tempo delle variazioni (le cosiddette sotto/sovraesposizioni) in funzione
delle aspettative nei confronti dell’evoluzione dei mercati.

Questa fase può essere attuata seguendo due diverse tipologie
metodologiche:

metodi basati su modelli econometrici: si producono delle stime componendo
degli scenari di riferimento per le diverse variabili macroeconomiche (ma
anche per gli andamenti delle singole aziende); in generale, ai diversi
scenari vengono associate delle probabilità di realizzazione e di seguito
vengono eseguiti gli acquisti su determinati mercati e titoli;

metodi basati su modelli quantitativi: algoritmi più o meno sofisticati
leggono gli andamenti storici dei mercati e ad essi reagiscono componendo
uno scenario attivo su cui basarsi per realizzare gli investimenti.

Rispetto all’asset allocation statica, la dinamica presenta il vantaggio
di sapere reagire all’andamento dei mercati, modificatosi per i più
svariati motivi, e fondandosi su criteri conservativi tende a spostare gli
investimenti laddove vi sia il miglior rapporto tra rendimento e rischio
(rapporto che è, in ultima analisi, il generatore dell’equilibrio del
mercato dei capitali).

Lo svantaggio dell’asset allocation dinamica risiede esattamente dove si
trova il suo pregio: necessita di cura manutentiva costante, che deve
essere proporzionata alle possibilità dell’investitore, richiedendo
competenze e tempo per l’analisi dei mercati. Inoltre la gestione di
movimenti all’interno del/dei portafogli, affinché risulti efficiente deve
essere rapida e poco onerosa. Questo costringe spesso a rivolgersi a
prodotti affini (come i fondi comuni di investimento) che hanno a loro
volta costi ineliminabili di una certa incidenza.

Si palesa dunque la necessità di trovare un equilibrio tra la bontà degli
strumenti di investimento, i loro costi ed un modello di manutenzione del
portafoglio efficace, al fine di ottenere un mezzo di investimento
veramente vantaggioso.

Infine, rispetto alle asset allocation “a benchmark” le asset allocation
dinamiche soffrono in generale di un certo ritardo di esposizione ai
mercati azionari quando questi, dopo un periodo negativo, risalgono
rapidamente. Anche in questo caso il lato negativo va di pari passo con
quello positivo (non essere stati esposti ai mercati in discesa).

A cura di CDB CONSULENZA – www.cdbconsulenza.it