Investimento e trading (parte III)

In questo articolo, il terzo di una serie di 6 dedicati alla transizione
dalla figura di investitore a quella di trader, delineeremo tre classiche
figure di trader, classificate in funzione delI’orizzonte temporale di
ciascuna.

Con riferimento all’approccio tradizionale ai mercati finanziari, il
cosiddetto “Buy & Hold”, si rileva come di norma tale tipo di attività
non preveda “gestione”: la condizione di ingresso è infatti
prevalentemente legata alla disponibilità di denaro e la condizione di
uscita alla necessità. In sostanza, si investe quando si dispone di un
surplus e si disinveste quando si ha bisogno di liquidità.

È evidente che tale dinamica, guidata dalla necessità o dall’abbondanza di
capitali non consente di badare troppo al mercato: se non si ha bisogno di
soldi si tollera facilmente che le quotazioni scendano (anche perché si
tende a considerare sempre il prezzo di carico piuttosto che quello
effettivamente espresso dal mercato) mentre in caso di necessità si vende
comunque, anche in perdita, poiché spesso l’urgenza non consente di andare
troppo per il sottile.

In quest’ottica, l’investimento tende a incidere sul patrimonio; Il
trading viene invece concepito come forma di reddito (anche aggiuntivo). E
l’ottica di breve termine diviene pertanto essenziale poiché se si tratta
di reddito, i flussi in ingresso servono per far fronte a spese più o meno
correnti.

Facendo trading si acquista e si vende in funzione delle opportunità che
di volta in volta il mercato offre, privilegiando aspetti tecnici
piuttosto che fondamentali. In questo contesto, assume enorme importanza
il timing ovvero la capacità di operare in sincronia con il mercato: in
pratica non esiste più il “titolo giusto” ma il “momento giusto”.

Ottimi titoli possono scendere, indipendentemente dal loro valore reale e
pessimi titoli possono salire…

Si potrebbe definire il trader come “colui che sa cogliere le opportunità
che il mercato offre

e si dimostra in grado di sfruttarle il più a lungo possibile.”

Il trader sa perché compra e perché vende; valuta e quantifica il rischio
di ciascuna operazione, bilanciando le aspettative di guadagno con il
rischio e, aspetto determinante, gestisce la posizione.

In pratica, adotta una strategia, ed è questo che lo differenzia
dall’investitore.

L’investitore acquista e aspetta; il trader acquista e gestisce.

Tempo e profilo operativo

È il tempo di durata delle operazioni che meglio di ogni altro elemento
aiuta a classificare i trader. Di norma è possibile identificare tre
grandi categorie, pur con svariate sfumature che a volte fanno sì che i
limiti di ciascuna non siano poi così netti: position o swing trader, day
trader, scalper.

Lo swing trader considera il trading anche come attività
collaterale, costruisce posizioni che durano da due a 10 giorni (a volte
anche oltre), opera sempre in favore di trend e ricerca performance
rilevanti per ciascuna operazione (possibilmente a due cifre).

Il day trader opera tutti i giorni, costruendo posizioni che durano
da pochi minuti a qualche ora e raramente mantiene aperte le posizioni per
più giorni. Si accontenta di performance esigue bilanciate dalla frequente
operatività.

Anche lo scalper opera tutti i giorni ma costruisce posizioni che
durano pochissimo, sfruttando momentanei eccessi e si accontenta di
performance unitarie bassissime. Esegue svariate decine di operazioni al
giorno tutte caratterizzate da guadagni unitari molto bassi che però
raggiungono livelli complessivi soddisfacenti proprio in ragione del loro
numero.

Giova comunque ricordare che, qualunque sia il profilo operativo adottato,
tutti i trader di successo (dal position trader più rilassato allo scalper
più frenetico) adottano un sistema di trading fatto di regole che
richiedono disciplina e velocità nell’adeguarsi ai cambiamenti del
mercato. Non c’è strategia che possa vincere nel lungo termine se non
quella di darsi delle regole e di rispettarle.